Il neurofeedback nell’epilessia

Il neurofeedback nell’epilessia

Categoria : Il Neurofeedback

La storia del neurofeedback nell’epilessia

Nel 1971 Barry Sterman ha iniziato l’impiego terapeutico del neurofeedback su soggetti  affetti da epilessia; era già noto che i pazienti epilettici mostrassero delle anomalie EEG, spesso riscontrate anche nelle fasi libere da attacchi, infatti essi presentano un ritmo sensomotorio (SMR, cioè un ritmo EEG a 13-15 Hz registrato nell’area corticale sensitivo-motoria), scarso rispetto ai soggetti normali. La procedura utilizzata consisteva nell’insegnare ai pazienti epilettici a incrementare la produzione del ritmo sensomotorio, tramite un feedback visivo associato alla presenza di tale ritmo.

Contemporaneamente altre attività EEG, in particolare il ritmo alpha, tendevano a diminuire. Sono stati presentati i resoconti particolareggiati del trattamento di quattro pazienti: un bambino di 7 anni con crisi tonico-cloniche generalizzate; una ragazza di 23 anni con crisi motorie focali; un ragazzo di 18 anni con disturbi motori misti; un uomo di 46 anni con crisi epilettiche dall’età adulta. In tutti e quattro i casi si ebbe contemporaneamente sia un miglioramento clinico significativo (riduzione della frequenza degli attacchi e fasi di completa remissione), sia modificazioni EEG significative, in termini di riduzione dell’attività elettroencefalografica anomala e incremento dell’attività sensomotoria.

 

Gli effetti del neurofeedback nell’epilessia

Dopo la pubblicazione dello studio di Sterman, numerosissimi altri ricercatori replicarono e confermarono i suoi risultati. Si scoprì che il neurofeedback poteva essere vantaggioso con tutti i tipi di epilessia, inclusi il grande male, l’epilessia focale e gli attacchi di piccolo male (assenze). Anche se la più ampia proporzione  degli attacchi dei pazienti epilettici è adeguatamente controllata dai farmaci, la maggior parte degli individui che sono stati trattati col neurofeedback, negli studi di ricerca, sono tra i pazienti con epilessia più grave, in cui la terapia con i farmaci anticonvulsivanti non era in grado di controllare i loro attacchi. In questi severi casi di epilessia intrattabile farmacologicamente, il neurofeedback è stato in grado di facilitare il controllo degli attacchi nell’82% dei pazienti, spesso riducendo il livello di farmaci necessari, e ciò può essere molto positivo, visti gli effetti negativi a lungo termine di alcuni farmaci.

Anche gli studi effettuati con gruppo di controllo dimostrano l’efficacia del neurofeedback nella diminuzione delle crisi: si ha infatti una riduzione media delle crisi epilettiche (tra prima e dopo il trattamento) del 50%. E’ emerso che i risultati dipendono considerevolmente dalla capacità del soggetto di imparare ad aumentare il ritmo SMR, associato ad una inibizione dei movimenti (si cerca, infatti, di farlo aumentare anche nei soggetti iperattivi) e la sua evocazione inibisce il propagarsi della crisi epilettica stessa.

Il neurofeedback viene oggi utilizzato sia nei casi di epilessia non trattabile farmacologicamente, sia in quelle forme di epilessia che rispondono solo parzialmente al trattamento farmacologico.


Intervista sul Neurofeedback

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