Che cos’è il neurofeedback?

Che cos’è il neurofeedback?

Categoria : Il Neurofeedback

Il neurofeedback è uno strumento per mezzo del quale si può imparare a modificare l’ampiezza, la frequenza e la coerenza degli aspetti elettrofisiologici del cervello.

Con il neurofeedback si visualizza in tempo reale, sul monitor di un computer, la propria attività elettroencefalografica. Lo strumento consente di educare il cervello a produrre onde cerebrali  in specifiche ampiezze e posizioni, tanto da divenire capace di rieducare se stesso, fino a raggiungere il pattern di attività desiderato.

 

A cosa serve il Neurofeedback?

Lo scopo del training di neurofeedback è quello di insegnare al paziente come percepire specifici stati di attivazione corticale e in che modo raggiungere tali stati volontariamente. In seguito al training, il paziente trattato diventa consapevole dei differenti stati EEG e capace di produrli quando richiesto.

Molti studi e ricerche sul neurofeedback ne hanno attestato l’efficacia nel trattamento di numerose condizioni cliniche, quali l’ADHD, l’epilessia, l’ansia, la depressione, la sindrome da affaticamento cronico, la fibromialgia, il disturbo del sonno, la sindrome di Tourette, il disturbo ossessivo-compulsivo. Viene utilizzato (in associazione al biofeedback elettromiografico e/o termico) per il trattamento di sindromi dolorose come cefalea ed emicrania. Si sono inoltre ottenuti, benché in fase sperimentale, buoni risultati anche nella riabilitazione conseguente a lesione cerebrale (ictus e traumi cranici), nell’autismo e nei tremori parkinsoniani. Il neurofeedback è stato utilizzato anche per l’aumento delle performance cognitive nello studio, nello sport, in ambito lavorativo manageriale e per migliorare la memoria.

 

Il Neurofeedback e il nostro cervello

Il cervello è composto da milioni di cellule nervose connesse tra loro tramite le sinapsi. Queste sono la chiave dell’apprendimento, della memoria, della percezione, del comportamento e di quasi tutte le attività mentali. Allo stesso modo, queste sinapsi sono responsabili del funzionamento del sistema di controllo fisico del corpo e dello stato di benessere.

L’intervento psichiatrico sulle malattie mentali da sempre tenta di ottenere i cambiamenti chimici che avvengono a queste sinapsi, agendo su di esse tramite i farmaci psicotropi, aumentandone o riducendone la produzione chimica. Oggi purtroppo molti di questi farmaci sono sovraprescritti e non ben monitorati, in particolare nei loro effetti collaterali e di dipendenza.

Il neurofeedback si caratterizza per essere una valida alternativa all’intervento farmacologico, poiché è in grado di modificare le connessioni tra le cellule cerebrali senza un intervento di tipo biochimico.

 

Che cosa succede durante una seduta di neurofeedback?

Il paziente viene fatto accomodare su una poltrona, davanti a un computer. Il trainer applica alcuni elettrodi sul cuoio capelluto del paziente, che rilevano l’attività cerebrale e la trasmettono al computer. L’attività cerebrale viene quindi amplificata e convertita sullo schermo in segnali acustici e visivi di facile comprensione. In questo modo il paziente vede in tempo reale l’andamento della propria attività cerebrale.

Durante la prima seduta si registra per qualche minuto l’attività elettroencefalografica del paziente, che in seguito viene analizzata per stabilire quali parametri modificare. Ciò permette di personalizzare il protocollo di training in base alle caratteristiche specifiche di ciascun individuo. I parametri selezionati sono visualizzati sullo schermo sotto forma di videogiochi, che funzionano e si animano solo se il soggetto mantiene lo stato di rilassamento, attenzione e concentrazione al di sopra della soglia stabilita dal trainer in base all’analisi effettuata. Questa forma di allenamento permette al paziente di modificare la propria attività EEG nella direzione desiderata, fino a ottenere modificazioni sintomatologiche, cognitive e/o comportamentali oggettivamente rilevabili.

Il training di neurofeedback deve essere un lavoro intensivo: chi vi si sottopone deve essere consapevole che la durata ideale e la frequenza delle sessioni di training è data dal numero di sessioni necessarie ad ottenere un cambiamento positivo nel profilo EEG e/o nelle performance cognitive. Nonostante diversi studi scientifici abbiano tentato di esaminare l’efficacia del neurofeedback, nessuno ha direttamente confrontato la durata, la frequenza e il numero totale di sessioni di neurofeedback richieste per ricavare risultati positivi.

Tuttavia ci sono consensi riguardo la durata di ogni sessione di training, ovvero da 30 a 60 minuti, a seconda dell’abilità del soggetto di restare concentrato. La frequenza delle sessioni varia da una volta al giorno a una volta a settimana, con una media di 2-3 sessioni per settimana. Cambiamenti positivi nell’EEG, nelle performance cognitive e/o comportamentali sono state rilevate dopo un minimo di 20 sessioni (Boyd e Campbell, 1998; Lubar e Lubar, 1984; Rossiter e La Vaque, 1995) ed un massimo di più di 40 sessioni di training di neurofeedback (Carmody, Radvansky, Wadhwani, Sabo e Vergara, 2001; Lubar e Shouse, 1976; Monastra et al., 2002; Shouse e Lubar, 1979).

A che cosa è dovuta tale variabilità? Si tratta di un valore individuale, che dipende certamente dai tempi di apprendimento e modifica della propria attività EEG, o può essere collegata anche alla gravità del disturbo, con tempi più lunghi nel raggiungimento di effetti positivi per i casi più gravi.

 

Effetti del neurofeedback: temporanei o permanenti?

Un’importante questione che riguarda ogni tipo di trattamento è se gli effetti positivi ottenuti sono di natura temporanea o durevole e stabile.

In questo campo, una delle più complete analisi di follow-up sul neurofeedback è stata condotta da Tansey e colleghi (Tansey, 1993; Tansey e Bruner, 1983). Inizialmente Tansey e Bruner (1983) trattarono un ragazzino di 10 anni diagnosticato con un disturbo della lettura e iperattività. Dopo 20 sedute di neurofeedback mirate all’aumento dell’attività SMR, il ragazzo mostrò un miglioramento specifico nella lettura e nella comprensione e una riduzione del suo comportamento iperattivo. Inoltre, un iniziale follow-up a distanza di 24 mesi dal trattamento, rivelava stabilità dei suoi progressi comportamentali, attentivi e accademici.

Dieci anni dopo il termine del suo trattamento, Tansey (1993) esaminò di nuovo il suo EEG, così come le performance, confermando la stabilità dei risultati e un profilo EEG normalizzato. Ciò ci suggerisce che il training di neurofeedback può generare stabilità dell’attività corticale a lungo termine, con benefici in termini di performance comportamentali. Questa possibilità è coerente con quanto suggerito da Lubar (1995), ovvero che i benefici a lungo termine del neurofeedback sono il risultato di un processo di apprendimento, che coinvolge l’acquisizione di abilità di autoregolazione, attraverso il condizionamento operante.

Bisogna inoltre considerare che il neurofeedback non presenta effetti collaterali e non è invasivo. Non vengono introdotte sostanze, né somministrate correnti elettriche o campi magnetici di alcun genere.


Intervista sul Neurofeedback

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