I disturbi dell’apprendimento e le difficoltà di studio

I disturbi dell’apprendimento e le difficoltà di studio

Negli ultimi decenni, la ricerca in psicologia e neuropsicologia in ambito infantile si è molto concentrata su un fenomeno crescente: le difficoltà e i disturbi dell’apprendimento.

Cosa si intende per disturbi dell’apprendimento?

I disturbi specifici dell’apprendimento sono quelle condizioni in cui, in assenza di disabilità o di altre situazioni sfavorevoli, i bambini presentano un’incapacità di apprendere a leggere o a fare di conto in maniera adeguata.

In quali casi si può parlare di disturbi dell’apprendimento?

I disturbi dell’apprendimento hanno basi neurologiche. Sono specifici, appaiono cioè in condizioni di adeguate abilità generali e di apprendimento in altri ambiti.
La probabilità di riscontrare un disturbo specifico è poco frequente. Spesso si abusa di termini come dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia. Nella maggior parte dei casi può trattarsi di difficoltà dell’apprendimento, ovvero forme non gravi di ritardo con un profilo simile ai disturbi, ma che non soddisfano i criteri clinici di questi ultimi. In questi casi, l’intervento riabilitativo porta a buoni risultati in breve tempo.
Il manuale psichiatrico DSM-IV asserisce che: “questi disturbi sono caratterizzati da un funzionamento scolastico che è sostanzialmente inferiore a quanto ci si aspetterebbe data l’età cronologica, la valutazione psicometrica dell’intelligenza, e una educazione appropriata all’età del soggetto”.

 

Pertanto possiamo dire che i problemi del bambino con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) in cui sono coinvolti i  processi di acquisizione delle conoscenze non sono dovuti a:

  • disturbi dell’intelligenza;
  • menomazioni sensoriali e neurologiche gravi;
  • problemi emotivi o relazionali;
  • approccio sbagliato di genitori o insegnanti;
  • pigrizia o svogliatezza.

Altri criteri utili per la definizione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento sono (Consensus Conference, 2007):

  • il carattere “evolutivo” di questi disturbi;
  • la diversa espressività del disturbo nelle fasi evolutive dell’abilità in questione;
  • la frequente associazione ad altri disturbi (comorbilità), con grande variabilità dei profili funzionali e di manifestazione dei disturbi stessi, fattore che influisce in maniera rilevante sull’indagine diagnostica;
  • il carattere neurobiologico delle anomalie processuali che caratterizzano questi disturbi e che interagisce con i fattori ambientali;
  • la tendenza a un adattamento scolastico e della vita quotidiana significativamente negativo.

La presenza di altre patologie o anomalie sensoriali, neurologiche, cognitive e psicopatologiche normalmente costituiscono criteri di esclusione, in quanto l’entità del disturbo specifico dell’apprendimento è spiegata solo sulla base di queste patologie.

L’apprendimento è reso possibile da una serie di competenze settoriali che vengono integrate con una specifica funzione organizzatrice di sintesi (processi cognitivi e affettivi come il linguaggio, il pensiero, la motivazione).
Durante l’esperienza dell’apprendere, capita che alcuni bambini incontrino delle difficoltà nelle varie fasi di questo processo. In particolare durante il primo ciclo di scuola elementare ( I° e II°), circa il 10% dei bambini incontra difficoltà rilevanti e specifiche nell’imparare a “leggere, scrivere e fare di conto” nei tempi e nei modi richiesti dalla scuola. Di questi, poi, nel secondo ciclo (III° – V° elementare) e nella scuola media solo una piccola percentuale (1%) risulta avere difficoltà specifiche definibili come disturbi dell’apprendimento.
Per gli altri bambini, invece, che tendono a superare più o meno spontaneamente il problema, si parla di ritardo prestazionale.
L’importanza di una giusta diagnosi e di un intervento mirato, pertanto, si colloca proprio a tutela del bambino stesso, per non permettere alla sua autostima di venire intaccata da inevitabili insuccessi colpevolizzanti.


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