Difficoltà scolastiche

Difficoltà scolastiche

Quando si parla di difficoltà scolastiche non ci si riferisce necessariamente all’incapacità di apprendere: una persona infatti potrebbe possedere tutti gli strumenti necessari per imparare, ma non essere in grado di usarli correttamente.
Di fronte ad un nuovo apparecchio è utile, se non necessario, servirsi del libretto delle istruzioni per apprenderne il corretto funzionamento: allo stesso modo, per aiutare una persona con difficoltà di apprendimento, un primo intervento consiste nell’allenarlo a capire e guidare il funzionamento della propria mente.
Obiettivi, motivazione, autostima ed emozioni sono elementi centrali che condizionano l’apprendimento. Per questo è necessario identificarli, valutarne l’impatto sulle prestazioni e, infine, cercare di rimodellarli a proprio vantaggio.


Perché un alunno con buon potenziale di apprendimento potrebbe non dare i risultati che ci si aspetterebbe da lui?

In questi casi non è semplice identificare le cause delle scarse prestazioni. Potrebbero esservi problematiche in vari ambiti:

  • funzioni esecutive
  • abilità metacognitive
  • fattori motivazionali (stile attributivo, senso di autoefficacia, obiettivi di apprendimento, teorie del Sé, autostima)
  • fattori emotivi

Di seguito le analizziamo.

 

Cosa sono le abilità metacognitive e perché influiscono sugli apprendimenti scolastici?

La metacognizione è la capacità di controllare, dirigere e coordinare tutta l’attività cognitiva. Chi è dotato di notevoli abilità metacognitive ha consapevolezza dei propri processi mentali.
Una componente fondamentale delle abilità consiste nel saper applicare strategie di autoregolazione e autocontrollo della attività mentali, nonché nella capacità di auto-osservazione delle proprie prestazioni, auto-monitoraggio dei processi cognitivi e di verifica di raggiungimento degli obiettivi.
Le abilità metacognitive consistono ad esempio nelle strategie che favoriscono l’immagazzinamento e il recupero delle informazioni (abilità mnemoniche), nella capacità di riuscire a mantenere a lungo la concentrazione ed evitare distrazioni (abilità attentive), nel saper comprendere, definire e gestire il proprio vissuto (abilità emotive)
.
Le abilità metacognitive influiscono anche sulle abilità visuo-spaziali, logiche e di ragionamento, sulla capacità di organizzare gli spazi, i tempi, i materiali, sull’attitudine al problem-solving e alla pianificazione.

In cosa consiste un programma d’intervento riabilitativo delle difficoltà di apprendimento, improntato all’approccio metacognitivo?

Un intervento di questo tipo ha molteplici linee d’indirizzo e obiettivi:

  • Apprendere a differenziare le varie funzioni cognitive;
  • Aumentare la consapevolezza del proprio modo di procedere cognitivo;
  • Favorire l’auto-osservazione ed il controllo autoregolativo dei processi cognitivi;
  • Favorire un atteggiamento positivo nei confronti dell’apprendimento scolastico, in considerazione dei fattori motivazionali.

 

Quali strategie educative si attuano per potenziare le abilità metacognitive?

Al fine di migliorare negli apprendimenti scolastici, potenziare il controllo autoregolativo dei propri processi cognitivi e favorire un atteggiamento positivo nei confronti della scuola, è possibile:

  1. Utilizzare istruzioni verbalizzate che gradualmente divengono auto-istruzioni, un dialogo interiore, un “pensare ad alta voce” registrando il proprio monologo, riflettendo su di esso per prendere consapevolezza dei propri processi cognitivi, al fine di controllare e/o ridurre l’attività mentale impulsiva, intrusiva, inappropriata.
  2. Stilare una sequenza di tappe, una procedura individualizzata specifica per l’alunno, che precisa come è opportuno procedere in ogni momento dell’apprendimento. Essa può includere:
  • pianificazione dei tempi di lavoro e organizzazione del materiale;
  • capacità di gestire le proprie risorse attentive nel compito, attuazione di strategie che potenziano il mantenimento della concentrazione e l’evitamento delle distrazioni, pianificazione di momenti di decadimento attentivo in cui è opportuno concedersi pause;
  • elaborazione e integrazione delle informazioni, generazione di un piano d’azione per l’esecuzione del lavoro, continuando l’auto-monitoraggio durante lo svolgimento del compito;
  • valutazione del proprio operato controllando i procedimenti, auto-rinforzandosi in caso di buon esito o spiegandosi gli eventuali insuccessi per mezzo di adeguate attribuzioni causali.

 

Cosa sono i fattori  motivazionali e perché influiscono sugli apprendimenti scolastici?

La motivazione è un insieme di funzioni psicologiche che servono ad attivare, orientare e regolare l’attività rivolta ad un obiettivo.  Rappresenta l’investimento di energie nel portare avanti le discipline scolastiche. La motivazione può essere estrinseca se ha come fine un rinforzo (lode o premio), oppure intrinseca, in cui il fine è il desiderio di conoscenza.
Se si fanno ripetute esperienze di fallimento e/o incapacità, oppure ci si trova a dover affrontare un compito il cui livello di difficoltà è inadeguato, è frequente che ci si demoralizzi, ci si abbatta e si tenda a “gettare la spugna”, ritrovandosi meno motivati a cimentarsi nel medesimo compito in occasioni    successive.
L’alunno può demotivarsi anche per altri motivi: reali difficoltà di apprendimento dovute a cause neurobiologiche, mancanza di gratificazioni, valutazione non obiettiva della difficoltà del compito o delle proprie capacità, bassa resistenza alla frustrazione o scarsa capacità di dilazione della gratificazione, stile attributivo disfunzionale, ecc.

La motivazione dipende da una serie di variabili psicologiche correlate:

1. Le Teorie del Sé o dell’intelligenza – Si tratta di un sistema di credenze e convinzioni implicite che ciascuno di noi possiede riguardo se stessi, il mondo o la propria intelligenza.
Ogni persona sperimenta ambiti in cui riesce, dà buone prestazioni, raggiunge obiettivi, ottiene successi: in questi ambiti ci si sente motivati al lavoro, la fiducia è alta e così pure la stima di Sé.
Viceversa ci sono settori in cui non si ottengono successi o si fallisce: in tali casi ci si abbatte, crolla la motivazione a continuare il lavoro, si riduce la fiducia di potercela fare e può anche verificarsi un peggioramento dell’autostima. Solitamente si abbandona la disciplina.
Queste reazioni sono fortemente correlate ad una teoria implicita del sé, detta Teoria Entitaria o Statica, secondo cui l’intelligenza è un tratto fisso, stabile, immutabile, un’entità immodificabile, e non migliorabile.
Altri alunni credono invece che la propria intelligenza sia qualcosa che è possibile accrescere attraverso l’apprendimento, possiedono quindi una Teoria Incrementale dell’Intelligenza. Se tutti credessimo in una Teoria Incrementale, avremmo la capacità di reagire agli insuccessi e ai fallimenti con tenacia, con modalità sfidanti, con la motivazione ad impegnarci maggiormente e la convinzione di poter riuscire, attivandosi con perseveranza ed impegno.

Le conseguenze di queste due opposte credenze ricadono sugli apprendimenti scolastici. Coloro che credono in una teoria incrementale investiranno maggiormente in obiettivi di apprendimento, manterranno alta la fiducia di potercela fare, si dedicheranno ai compiti con maggior impegno, sforzo, tenacia e perseveranza; per questi alunni l’insuccesso rappresenta una sfida per migliorarsi.
Coloro che invece possiedono una teoria statica dell’intelligenza al primo insuccesso si abbattono, si sentono degli incapaci, si demotivano e non sono propensi a cimentarsi nuovamente nel compito con tenacia e impegno, preferendo “gettare la spugna”. In realtà questi alunni sono assolutamente dotati di tutte le abilità e di tutte le potenzialità per riuscire, ma credendo in una teoria statica dell’intelligenza, sono molto vulnerabili ed hanno reazioni di impotenza, di rassegnazione, di sconforto e demotivazione. Tale atteggiamento risulta auto-sabotante, limita le possibilità di apprendimento.

2. Lo Stile attributivo – Generalmente le persone attribuiscono i successi ed insuccessi delle proprie azioni a 4 cause principali:

  • abilità/intelligenza;
  • sforzo/impegno;
  • difficoltà/facilità del compito;
  • fortuna/sfortuna.

Si tratta del locus of control, che può essere esterno (difficoltà e fortuna) o interno (abilità e sforzo). Inoltre il locus of control può essere definito controllabile (sforzo) o incontrollabile (abilità, difficoltà, sfortuna).
Gli alunni che individuano cause esterne ed incontrollabili degli eventi tendono a percepirsi meno efficaci, sono meno fiduciosi nelle proprie capacità, in condizioni emotive più negative e tenderanno ad attuare comportamenti meno strategici, rispetto ai ragazzi che attribuiscono al proprio sforzo e impegno la causa dei propri risultati.

3. Il Senso di auto-efficacia –
 Si tratta di un processo auto-valutativo, una stima della propria capacità in una specifica disciplina che deriva da passate esperienze di successo/insuccesso e dalle relative attribuzioni causali. L’alunno che si è creato un’inadeguata percezione di Sé, sia in senso svalutativo sia sopravvalutativo, tende a sviluppare processi auto-valutativi e di autoefficacia disfunzionali, per cui non si cimenterà in un nuovo compito, oppure si lancerà in imprese troppo azzardate con inevitabile fallimento. Entrambe queste alternative conducono ad un peggioramento dell’immagine di Sé, ad aspettative negative o irrealistiche e quindi a più elevati livelli di ansia nelle circostanze future. In una parola, ad altri insuccessi. Più una persona ha una cattiva immagine di Sé, più diventa ansiosa e l’ansia, se supera una data soglia, diviene inversamente proporzionale alla prestazione.

4. Gli Obiettivi di apprendimento – 
Gli alunni differiscono a seconda del tipo di obiettivo di apprendimento che prediligono. Gli alunni con obiettivi di prestazione sono principalmente interessati all’ottenimento di un buon voto: sono orientati al successo, al “fare bella figura”, ma si cimentano in compiti facili perché vogliono assolutamente evitare difficoltà e fallimenti che metterebbero in discussione il loro valore.
Gli alunni con obiettivo di padronanza sono più interessati a padroneggiare un argomento o una disciplina, si concentrano maggiormente sulla reale acquisizione di competenze e sui processi per ottenerle, quindi sono orientati al “sapere” e scelgono compiti che facciano progredire, sfidanti.

5. L’ Autostima – La stima di Sé è un fattore emotivo-affettivo, legata al sentirsi capaci e degni d’amore. L’autostima si sviluppa a partire da esperienze precoci di approvazione ed accettazione incondizionata da parte delle figure significative. Ogni persona può dare poco valore alle proprie capacità in alcuni ambiti e trovare difficili alcuni compiti in determinate aree, ma se ci si arrende troppo facilmente non ci si “mette alla prova”, rischiando che la credenza autolimitante diventi una profezia che si autoavvera. Quindi l’autostima influisce in maniera determinante sull’apprendimento. Il valore dell’alunno come persona va continuamente confermato, al di là dei suoi successi scolastici, per far sì che si percepisca comunque degno e meritevole di stima.


Quali strategie educative si possono attuare per favorire un atteggiamento più motivato in ambito scolastico?

Per ottenere un atteggiamento più positivo da parte dell’alunno, è opportuno elaborare un programma educativo che integri gli interventi sulle diverse variabili psicologiche descritte.

  • Lavorare sul senso di auto-efficacia, sull’aspettativa di potercela fare, assegnando compiti calibrati al livello dell’alunno, facendogli sperimentare episodi di successo, valorizzando i traguardi personali, affinché possa strutturare una percezione di competenza ed un senso di padronanza della disciplina.
  • Svolgere un training attribuzionale, attraverso il quale l’alunno impara a motivare i propri successi o insuccessi, in base a criteri interni e controllabili. L’esito della prestazione va attribuito allo sforzo, all’impegno profuso e alla perseveranza. L’obiettivo è intervenire sulle Teorie del Sé sostituendo una Teoria Statica dell’Intelligenza con la Teoria Incrementale, attraverso l’interiorizzazione di quel dialogo che interpreta il fallimento o la difficoltà non come motivo di frustrazione ed abbattimento, bensì come una sfida per applicarsi con maggior impegno e perseveranza nel lavoro.
  • Puntare sugli obiettivi di padronanza piuttosto che su quelli di prestazione, ovvero orientarsi verso quegli obiettivi di apprendimento che fanno sentire competenti ed aumentano le conoscenze, anziché quelli che permettono semplicemente di ottenere un buon voto o di gratificare i genitori.
  • Aumentare la motivazione, realizzando situazioni d’apprendimento capaci di destare curiosità, interesse e desiderio di conoscenza; predisporre attività che garantiscano una sfida ottimale, che facciano sperimentare successo e competenza.
  • Assegnare compiti calibrati al livello cognitivo dell’allievo, per fare sì che egli viva esperienze di successo e si senta efficace anche in ambito scolastico. Sottolineare che le differenze individuali rappresentano una ricchezza, che ogni persona eccelle o ha difficoltà e che comunque è sempre possibile migliorare attraverso l’impegno e la perseveranza; evidenziare i progressi personali, gratificare le piccole conquiste e, in ogni caso, valorizzare ed accogliere la persona globalmente, pur riconoscendone con sincerità le difficoltà.

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